Arezzo e Perugia: una rivalità dalle origini etrusche
di Mauro Fiorucci
“Il popolare e tipico campanilismo, secondo il quale la propria città e terra di appartenenza è migliore delle altre, in questo nostro caso dal provinciale sfocia nel regionale e quel ponte dopo Terontola è visto un po’ come il confine tra ciò che è “bene” e ciò che è “male”. I perugini della vecchia generazione sicuramente possono testimoniare che la rivalità più sentita è quella con gli aretini piuttosto che con i ternani. La mia permanenza quotidiana in terra Toscana, passo l’intera giornata a Chiusi per motivi di lavoro, mi ha permesso di approfondire alcuni aspetti storici che mi hanno confermato che la rivalità tra Perugia e Arezzo ha origini Etrusche e quindi risale tanti anni fà. Il rapporto con i vicini toscani è sempre stato molto conflittuale e ricco di lotte per il possesso dei territori che dividono la città della Chimera da quella del Grifo. Entrambe tra i principali centri prima etruschi e poi romani, Arezzo e Perugia si affacciano al Medioevo con la voglia di tornare grandi, dopo i secoli bui delle calate barbariche.
Le ostilità partono dal 1197, in piena “età comunale”, con Arezzo che nella sua continua espansione conquista Castiglion Chiusino (l’odierna Castiglion del Lago).
L’anno successivo, con un trattato, Arezzo si impegna a restituire il centro lacustre ai perugini, che in cambio distolgono le proprie mire da Castiglion Aretino (oggi Castiglion Fiorentino).
A metà del Duecento, durante il governo del bellicoso Guglielmino degli Ubertini, ricominciano le scaramucce, sebbene gli aretini guardano più agli scontri con fiorentini e senesi che verso l’Umbria. Proprio i gigliati andranno spesso alla ricerca di patti coi grifoni, nel tentativo di stringere la ghibellina Arezzo in una tenaglia asfissiante. Firenze e Perugia ritengono molto pericolosa la continua espansione di Arezzo, specialmente nella strategica Valtiberina e usano ogni mezzo per ostacolarla.
L’episodio più curioso di questo periodo tra aretini e perugini si ha però in territorio chiusino, nella parte terminale della Valdichiana.
Guglielmino degli Ubertini è riuscito ad impadronirsi di Montepulciano e Chiusi e per sfida e sfottò agli umbri confinanti fa costruire una torre (per qualche studioso battezza semplicemente un edificio già esistente) nella parte terminale delle terre da lui sottomesse chiamandola “Beccati questo”. In risposta i perugini innalzano proprio di fronte, all’inizio del loro territorio, un’altra torre più alta della prima che nomineranno “Beccati quest’altro” o “Beccati quello”. Incredulo, mi sono informato a Chiusi dell’esistenza delle stesse e mi sono recato di persona a fare delle foto (allegate) ai piedi delle due torri che hanno un fascino particolare proprio perchè sembrano guardarsi di continuo.
Nel 1258, aiutato dai ghibellini locali, Guglielmino sottomette Cortona dopo una dura battaglia.
Questa città è vista come un importante punto strategico anche dagli umbri e assieme ai Castelli di Montecchio e di Castiglion Aretino avrebbe potuto formare, in caso di conquista, un trittico molto importante per affermarsi nel territorio toscano.
Proprio da questi tre punti, dopo Campaldino, i perugini tenteranno di rifarsi avanti.
Dopo la debacle casentinese del 1289, Arezzo si rialza però velocemente e intorno al 1300 riprendono le ostilità con i grifoni.
Guidati da Uguccione della Faggiuola, gli aretini prendono possesso di Gubbio, che riperderanno dopo circa un mese a seguito di un sanguinoso scontro.
Con la nascita della potente signoria aretina di Guido Tarlati, le lotte con Perugia si fanno sempre più copiose e cruente, in quanto il vescovo aretino, vedendosi sbarrata la strada a nord-ovest dai forti fiorentini, mira ad una espansione verso l’Umbria e l’Adriatico.
Dal 1323 si inizia a fare sul serio e Guido Tarlati prima sottomette Città di Castello e quindi dichiara guerra a Perugia, favorendo la ribellione delle fazioni ghibelline di Assisi e Spoleto che lo aiuteranno nella conquista delle due città, logisticamente molto importanti.
Ad Assisi, per pagare le truppe impiegate viene persino trafugato il Tesoro di San Francesco, suscitando le ire del pontefice.
Spoleto viene occupata e perduta a più riprese nel corso del 1323; Perugia la riprenderà definitivamente solo il 9 aprile 1324.
Per punire i ghibellini Tarlati, rei di puntare pericolosamente alle sue terre, il papa prende a scusa il trafugamento di Assisi e scomunica il vescovo Guido, quindi stacca Cortona da Arezzo creando una diocesi a parte, che sarà riunificata alla nostra solo nel 1986.
In questo modo si mira ad indebolire il territorio aretino frammentandolo e, nella cittadina etrusca adesso meno controllabile, acquista maggior potere la famiglia Casali, che sarà molto utile all’alleanza guelfa nel fronteggiare le mire espansionistiche di Arezzo.
Tra il 1334 ed il 1335 ci sono ancora tanti piccoli scontri tra i perugini e gli aretini sempre guidati da Pier Saccone dei Tarlati.
Il 6 Giugno 1335 Perugia si decide a muovere contro Arezzo, confidando nelle forze del proprio esercito e soprattutto nel periodo di crisi in cui versano gli aretini da qualche anno, dovuta alla morte improvvisa di Guido Tarlati, che sembra aver riacceso le solite lotte minatorie interne. Le due truppe si affrontano nella Val di Chio, nei pressi di Castiglion Fiorentino.
Per Pier Saccone, che non avrà mai la stoffa del fratello nel governare, ma in compenso è un impavido condottiero, è un assoluto trionfo.
Nell’Agosto dello stesso anno, i perugini ripartono al contrattacco della terra aretina, mettono a ferro e fuoco l’intera Valdichiana, devastano i castelli di Monticello (nei pressi di Vitiano) e di Policiano e arrivano con le loro scorrerie fino a Quarata.
Il 12 Novembre del 1335, mentre il vescovo di Arezzo celebra la messa sul colle del Pionta a ricordo dell’inaugurazione del meraviglioso Tempio di San Donato, guerrieri perugini irrompono addirittura nel bel mezzo delle celebrazioni issando sul campanile del Duomo Vecchio il loro gonfalone e davanti alla cinta muraria tarlatesca improvvisano, con relativi sbeffeggiamenti, il celebre Palio di San Donato, ma al posto dei cavalli vengono impiegate in spregio agli aretini ed al loro amato patrono alcune prostitute con le vesti alzate.
Il ricco complesso del Pionta viene danneggiato e sono portati via colonne e marmi pregiati, poi deposti in Cattedrale a Perugia in segno di vittoria.
Questi oggetti preziosi saranno in parte restituiti trentasette anni dopo, anche se una buona fetta verrà utilizzata per abbellire il Duomo umbro.”